This publication presents the results of a thesis laboratory I’ve been leading at the “Ludovico Quaroni” School of Architecture in Roma La Sapienza, entitled “Supportive and sustainable living. Project of Urban regeneration” (Abitare Solidale e sostenibile. Tesi di rigenerazione urbana). Hypotheses and strategies for sustainable urban regeneration in the rundownor unfinished PEEPs (Low Cost Development Plans) of the Roman suburbs are here presented. Projects prefiguring an innovative urban and architectural imaginary, that is more in line with the cultural and social identities of the neighborhood communities that currently inhabit them.
The premises of the projects collected here lie in the reflections matured in a previous research context, namely the Laboratory of Architectural and Urban Design IV which I held at the same Faculty during the 2010/11 winter semester, and whose results have already been recorded in a previous publication entitled “I ♥ PdZ // I Love Zone Plans. Microeconomies in search of cities”. The thesis laboratory represented the natural opportunity for further study.
Link on this site to I ♥ PdZ. Microeconomies looking for their own cities
Questa pubblicazione presenta i risultati di un laboratorio di tesi che ho condotto presso la Facoltà di Architettura “Ludovico Quaroni” di Roma La Sapienza, dal titolo “Abitare solidale e sostenibile”. Le premesse dei progetti qui raccolti risiedono nelle riflessioni maturate in un precedente contesto di ricerca, cioè il Laboratorio di Progettazione Architettonica ed Urbana IV che ho tenuto presso la stessa Facoltà durante il semestre invernale 2010/11, e i cui esiti sono già stati registrati in una precedente pubblicazione dal titolo I ♥ PdZ // I Love Piani di Zona. Microeconomie in cerca di città. Il Laboratorio di Tesi ne ha rappresentato la naturale occasione di approfondimento.
L’obiettivo generale del laboratorio di tesi ha riguardato la predisposizione di ipotesi progettuali e strategie di rigenerazione urbana sostenibile nei PEEP degradati o incompiuti della periferia romana. Progetti in grado di prefigurare un immaginario urbano e architettonico innovativo, cioè più conforme alle identità culturali e sociali delle comunità di quartiere che li abitano attualmente. Le comunità di quartiere vanno alla ricerca di una città “discreta” e non monolitica, fatta di spazi pubblici che permettano la socialità, servizi comuni per un abitare condiviso, laboratori creativi, playground, giardini, piazze, spazi dove possano accadere insomma eventi diffusi e dove potersi autodeterminare.
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Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il 10 per cento della popolazione urbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Qui si trova l’energia.
Piano, R. (2014), Il rammendo delle periferie, in Il Domenicale del Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2014
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Al contrario, nell’ambito sociale si è andato affermando un dominio reale: il dominio dei vecchi sui giovani nelle gerontocrazie, degli uomini sulle donne nel patriarcato, di un gruppo etnico su un altro gruppo etnico nelle gerarchie razziali, delle città sulla campagna nelle civiltà urbane… Tutte queste forme di dominio hanno origine e una natura comuni: sono sistemi di comando/obbedienza basati su istituzioni gerarchiche. Le implicazioni ecologiche di questi sistemi sono ancora più rilevanti nelle loro determinazioni economiche in quanto comportano la distruzione dei valori ecologici quali la complementarità, il mutuo appoggio, il senso del limite un profondo sentimento comunitario è una concezione organica affondata su unità nella diversità questi valori e le istituzioni in cui si sono incarnati sono stati rimpiazzati dalla competizione dall’egoismo dalla crescita illimitata dalla no anomia e da una razionalità puramente strumentale vale a dire dalla convinzione che la ragione non è altro che uno strumento un’abilità in grado di adeguare i mezzi e Fini e non un carattere inerente a una realtà ordinata e comprensibile
Bookchin, M. (2016) Per una società ecologica. Tesi sul municipalismo libertario e la rivoluzione sociale, Milano: elèuthera, pag.9
Le comunità di quartiere intendono condividere le scelte dei piani sociali e urbanistici predisposti dalle istituzioni di prossimità e voglio partecipare alla loro attuazione poiché ogni strategia di “rammendo” della periferia, in qualsiasi modo essa avvenga, può rappresentare una occasione per innescare processi microeconomici che vadano oltre la mera sussistenza individuale. Si pensi per esempio alla riconversione dei mercati rionali da mercati di merci a mercati di idee, ad agorà che possono ospitare attività molteplici di baratto e di scambio sociale, oppure la creazione di presidi civici presso le scuole con protocolli di intesa che mettono in contatto istituzioni sanitarie e terzo settore. Ma si considerino anche attività di diffusione di pratiche culturali collettive come orchestre, festival di cinema, letture pubbliche, eventi performativi negli spazi interstiziali delle città, promosse per esempio dalle biblioteche di quartiere e dai Municipi.
La città che viene prefigurata dei progetti di tesi non è più dunque la “città alfabeto” [Capuano, A. 2005], cioè la città delle macro composizioni astrattamente disegnate sul territorio dei PEEP nell’epoca dello “sviluppo improprio e speculativo”, ma una città “debole e diffusa”, una costellazione di “common ground” a supporto del dialogo, della socialità, della partecipazione, di processi di condivisione, e di microeconomie di prossimità.
Lo sfondo culturale dentro il quale si sono mosse le riflessioni dei progetti di tesi è rappresentato da alcuni nuclei tematici chiave ricorrenti che interpretano una idea di “Ecologia Urbana”. Il pensiero ecologico è un pensiero sistemico e interdisciplinare che tende a mettere in evidenza la fitta rete di dipendenze e connessioni tra fenomeni in continuo mutamento. Un pensiero fluttuante che cerca di catturare, in una rappresentazione istantanea, gli equilibri dinamici del sistema osservato.
Questi temi vengono esposti in una narrazione testuale che restituisce la pluralità delle strategie di Rigenerazione Urbana come strategia ecologica, che tiene conto cioè di tanti fenomeni e introduce cambiamenti sistemici. Il racconto è accompagnato da riferimenti visuali che ne rappresentano, in una dissolvenza incrociata, il complemento non didascalico ma evocativo.
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Esiste un rito magico con il quale si invoca e ci si propizia la pioggia innaffiando la polvere secca della terra. Allo stesso modo si invoca e ci si propizia l’universo costruendo una casa. La casa è la ricostruzione dello spazio dell’universo come l’acqua versata sulla terra è la ricostruzione della pioggia. L’architettura è sempre stata, e oggi lo è più che mai, un rito magico: e tutte le volte che si perde la realtà magica dell’architettura si perde anche l’architettura. […] Anche nel rito di costruire una casa esistono due tempi. Uno è il tempo dello spazio dell’universo, percorso dai giorni, dalle notti, dalle stagioni, dai mari, dalle foreste e dai deserti: uno spazio incontrollato e misterioso carico di favori e di disgrazie. L’altro è il tempo del rito, quando si costruisce uno spazio artificiale, conosciuto, preparato, e controllato a evocare, a sottrarre favori e fortune al grande spazio dell’universo. L’architettura è rito magico; ed è invocazione e presunzione. È invocazione quando l’uomo solo, stanco e terrorizzato, chiede all’architettura protezione e certezza; è presunzione quando l’architettura si afferma e si impone come simbolo di protezione e certezza contro l’aggressione dell’universo. […] L’architettura vive in questa coesistenza di invocazione e presunzione, vive di volontà magica, ricostruendo secondo gli ordini e le cadenze e la meticolosa procedura del rito, lo spazio grande e caotico dell’universo e vive stabilendo per simboli statici e pietrificati, innalzati contro il cielo, il segno della presenza umana cioè il segno della convenzione umana. L’architettura comincia dove l’uomo è riuscito a possedere in una qualsiasi maniera lo spazio naturale. […] Il rito dell’architettura si compie per rendere reale uno spazio che prima del rito non lo era. […] Quando saremo convinti che l’architettura è un rito nel quale si punta senza distrazioni e senza pause alla creazione di uno spazio reale, tutti i problemi che oggi sembrano la questione centrale, quella dell’architettura, cadranno come problemi senza senso.
Sottsass, E. (1956) Per un bauhaus immaginista contro un bauhaus immaginario, in Codignola, M. (2017) Per qualcuno può essere lo spazio, Adelphi, pagg 169-179
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