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Basic Design #2

Esperienze di progettazione e didattica inclusiva

Quali competenze dovrà possedere il progettista del futuro? E come si insegnano? E quali sono soprattutto i valori nei quali ci riconosciamo come progettisti e educatori nel nostro presente e che vogliamo coltivare insieme alle nuove generazioni affinché il futuro sia realmente sostenibile? Attraverso la presentazione di ventiquattro esperienze ludico ricreative e didattiche dal forte carattere inclusivo, facciamo pratica delle competenze base della progettazione.

Questo è un Diario di Bordo di una Nave Scuola che solca mari molto incerti alla scoperta di Isole Sconosciute. Per tracciare la rotta usiamo più volentieri la bussola della disubbidienza, il sestante dell’impossibile, i cerchi azimutali del gioco, lo scandaglio della solidarietà. Di viaggi ne abbiamo già fatti molti e incredibilmente di Isole ne abbiamo scoperte a migliaia! Nascoste proprio lì dove ci sembrava ovvio non potessero esserci. La Cartografia è complessa e poiché i Mari della Creatività appaiono al momento molto mutevoli, forse non sarà mai possibile definire una mappa conclusiva. Per questo vi lasciamo il resoconto di quello che abbiamo scoperto fino ad oggi. Una parte consistente è contenuta nel nostro primo Diario di Bordo che abbiamo chiamato Quaderno #1. Quello che invece avete tra le mani è il Quaderno #2che contiene altre 24 incredibili esperienze ludiche e ricreative come fossero un arcipelago di isole da esplorare… Buona Navigazione!

Quali competenze dovrà possedere il progettista del futuro? E come si insegnano? E quali sono soprattutto i valori nei quali ci riconosciamo come progettisti e educatori nel nostro presente e che vogliamo coltivare insieme alle nuove generazioni affinché il futuro sia realmente sostenibile? O per lo meno, più simile possibile a come piacerebbe a noi…

Anche questo secondo volume che è la naturale prosecuzione del nostro primo quaderno di Basic Design, è un vero e proprio diario di bordo, per lo più una specie di “party” visuale, un playground, che offre delle tracce sparse per possibili risposte a queste domande così apparentemente innocenti.

È organizzato in maniera pretestuosa e personale e prevede una lettura aperta e anarchica di altre 24 esplorazioni ludiche e ricreative. Infatti, insieme agli esiti dei nostri laboratori, abbiamo proposto in dissolvenza incrociata immagini emblematiche di opere desunte dai più svariati contesti creativi. Lo abbiamo fatto per due motivi.

Il primo risiede nella consuetudine di nutrire il nostro immaginario con tutti i saperi provenienti da ogni ambito disciplinare: l’architetto-designer è in fondo una specie di regista che mette in relazione tanti saperi e suggestioni tra loro e con i contesti nei quali si trova ad operare.

Poi, crediamo che sia compito degli educatori e dei progettisti dare evidenza in qualche modo delle genealogie delle proprie riflessioni, anche con accostamenti analogici e non sempre consequenziali.

A differenza del primo quaderno non ci siamo soffermati solamente sui meccanismi creativi e pedagogici, ma abbiamo cercato di disvelare i valori di civiltà globale che sono veri e propri pezzi di stelle di futuro. Abbiamo insomma evidenziato il carattere “ecologico” e “politico” del nostro operare, che non è mai assolutista, intimo e personale ma aperto, libero, accogliente, democratico, relazionale, giocoso…

In questi anni abbiamo compreso che imparare e insegnare sono verbi intransitivi e che non possono essere usati separatamente. Sarebbe più giusto dire: abbiamo imparato-insegnato! E questo è il motivo per cui nei testi di questo libro abbiamo usato sempre il pronome “noi”. Questo “noi” include tutti coloro con i quali abbiamo condiviso i viaggi creativi e le scoperte educative sempre imprevedibili e nelle quali molto spesso chi insegna impara e chi impara insegna.

Crediamo che sia piuttosto sottovalutato nella educazione di base il metodo progettuale. Molte volte si spiega un concetto semplificando la sua complessità e fornendo degli esempi per ricostruire una mappa di senso da mandare a memoria per poi recuperarla al bisogno, nelle circostanze quotidiane. Ma altre volte, e questo è più proprio degli occhi e delle mani, si esperisce una certa attività e non c’è altro da spiegare. Lo sguardo e il tatto imparano in fretta: si prova, si sbaglia, si riprova, si impara, si cercano alternative e si prosegue cercando il senso e i nessi di queste esperienze con la realtà, intuitivamente.

Come abbiamo detto alla pretestuosità dell’organizzazione tematica di questo quaderno, consegue una certa autonomia di lettura: si può cominciare a sfogliare il libro da dove si vuole, e non viene compromessa la comprensione dell’insieme.

Nel capitolo Playing With The Self presentiamo delle esperienze intime e corali allo stesso tempo. Si impara a riconoscere sé stessi negli altri ma soprattutto che progettare non è altro che una attività di ascolto, di dialogo e di pace. Nel capitolo Cartoline da Nave Terra impariamo ad abitare la nostra città, i nostri quartieri, con affezione, mentre nel capitolo Il Giardino Planetario Bene Comune ci accorgiamo che molto spesso sono proprio gli spazi negletti e abbandonati delle nostre città ad essere delle opportunità di socialità e di rigenerazione urbana se solo ce ne prendessimo cura con dedizione. Playground Common Ground ci ricorda che non si realizzano mai progetti da soli ma che abitiamo questo universo condividendone l’incredibile mistero con altri. Il capitolo Radicali è un invito ad innovare partendo dalla semplicità. Il capitolo Spazi Minimi (R)Esistenza è un invito a realizzare il massimo con il minimo e ritornare a considera ogni azione creativa un rito sacro, destinata al benessere collettivo.

Nel capitolo la “Scuola che vorrei” abbiamo accarezzato il sogno di una Suola finalmente Centro Civico di prossimità vivo, pulsante e motore di iniziative sociali coinvolgenti destinate alle comunità di quartiere, abitata tutto il giorno, mattina e sera. Il sogno di una Scuola, insomma, che assolva alla funzione educativa in senso Sostenibile, cioè integrata ai Piani cittadini di gestione dello sviluppo Sociale e di Rigenerazione Urbana.

Nella nostra permanenza nella scuola pubblica, è stato un privilegio quello di aver potuto coordinare per due anni, insieme ad altri colleghi, i laboratori civici della Consulta degli Studenti: studenti eletti a rappresentare non solo i bisogni con argomentazioni consapevoli, ma anche per impegnarsi a realizzare progetti e coinvolgere la loro comunità in prima persona, assumendosi delle responsabilità insieme agli adulti. Una palestra di educazione civica che ha costituito, in molte circostanze descritte in questo quaderno, uno sfondo vitale.

Basta pensare che ogni singolo progetto nasce da loro richieste:

Come faccio a realizzare una aula in più che non c’è mai spazio a scuola, un’aula dove posso rifugiarmi se sono triste? Posso progettare una scuola senza muri e arredarla in modo che si adatti agli eventi e ai progetti anziché alle materie? Vorrei progettare un allestimento per uno spettacolo teatrale in cui la danza e la musica si materializzasse in strisce colorate. Siccome poi lo spettacolo parla di uccelli vorrei realizzare una grande struttura che rassomigli ad una gabbia. Vorrei realizzare un paralume perché la luce della cucina di nonna è troppo forte e non sappiamo più cosa farcene di questi vecchi ferri arrugginiti da maglia. Vorrei realizzare un rito corale a cui possa prendere parte tutta la comunità scolastica: che ne dite di fotografare il cielo domattina tutti insieme alle 7.45 prima di entrare a scuola? Poi ricomporremo le fotografie in un mosaico sul muro dell’aula magna. Vorrei realizzare un playground per incontrarmi con i miei amici nel parco di fronte a scuola. Vorrei realizzare un giardino di essenze aromatiche che abbia il viso di Don Roberto Sardelli per ricordarlo sempre, ora che è salito in cielo. Vorrei partecipare ad un Friday for Future e fare anche io un graffito urbano di grandi dimensioni come quelli che vedo nel quartiere… vorrei rappresentare il viso di Greta Thunberg. Ora che c’è il lockdown non posso più vedere i miei amici, non posso più andare a scuola, non posso più fare un sacco di cose: e se realizzassi una WebRadio?

Buona lettura!

Daniele Mancini e Irene Rinaldi

Roma, 24 dicembre 2020

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UNPACKED Studio has been founded by Daniele Mancini and Irene Rinaldi, both architects and educators.

Daniele Mancini is Ph.D. in Theory of Architecture. He worked in France at Jakob+ MacFarlane Architects and in The Netherlands at Wiel Arets Architects. He is currently involved in teaching activities at IED Istituto Europeo di Design di Roma.

Irene Rinaldi worked in Spain at De La Puerta Architects and in Italy at Schiattarella Associati where participated to the design of Italian Pavillon for the Japan Expo 2005 in Aichi (Nagoya)

UNPACKED Studio started in January 2005 thanks to the Young Entrepreneurs European funds “Sviluppo Italia”.